venerdì 29 febbraio 2008

Canonicato e San Rocco Della Valle Jappellj


Attualmente l’azienda produce vini da uve Aglianico (Canonicato) e Pallagrello Nero(San Rocco), i cui vitigni sono entrambi autoctoni della Campania. Si è cercato di ottenere prodotti che abbiano una elevata concentrazione, grado alcolico, e ci si è sforzati nell’esaltare le qualità aromatiche. L’affinamento avviene per periodi non inferiori ad otto mesi, utilizzando pregiate barriques di rovere francese. Con questo abbinamento aromatico sono conferite ai vini delle qualità olfattive a tratti insolite, complesse, che mettono in mostra le potenzialità dei vitigni e che permettono di poterli annoverare fra i più importanti vitigni internazionali.

Vigna Camarato Villa Matilde

Descrizione:
Colore: rosso cupo e profondo.
Profumo: intenso e di grande persistenza, dominato da sentori di frutti di bosco rossi e neri, pepe, note di cioccolato, caffè, liquirizia, vaniglia che formano un insieme di grande complessità, finezza e morbidezza.
Palato: di ottimo corpo e carattere, vellutato, morbido, elegante, fresco e persistente.
Riconoscimenti:
5 Grappoli A.I.S. nel 1995, '97, '98, '99, 2000, '01, '03.
Premio Gambero Rosso: .
3 bicchieri nel 1995, '97, '98, 2000 e 2001; 2 bicchieri nel 1985, '88 e 92; 1 bicchiere nel 1990.
Premio Luca Maroni: vino frutto nel 1998, '99, 2000, 2003.
Premio Veronelli: super tre stelle nel 2003.
Premio Corona assegnato da Vini Buoni d'Italia nel 2003.

Camarato

Osteria La Lanterna

La Lanterna
Maccheronia/ Mugnano del Cardinale,
una vocazione in cucina
Irpinia da leccarsi i baffi: nove antipasti, tre zuppe, gli ziti «accannati» e il fiore di zucchina al cioccolato come dessert



«... Questo, che altrove chiamano "il benvenuto", noi lo chiamiamo 'o 'ntrattiene». E c'è davvero di che intrattenersi: il piatto contiene un gambero in pastella al nero di seppia con alici di menaica e provola, mentre nell'annessa tazzina da caffè è servita una vellutata di patate e colatura di alici, guarnita di pepe bianco e di Sechuan. Ad allietare visivamente il tutto, un collage di quattro quadratini di peperone cromaticamente alternati con grazia mondrianiana. Un nome come tanti, «La Lanterna», illumina la cucina che non t'aspetti: perché in questo piccolo locale dell'Irpinia «napoletana», dopo 'o 'ntrattiene il patron Marco Ferrara comincia a distribuire gli antipasti, uguali per tutti ma che ogni giorno variano in base al mercato e all'estro della chef.
Oggi gli assaggi sono 9, uno meglio dell'altro, e vediamo se me li ricordo tutti: da sinistra a destra in senso antiorario incontro il sedano rapa con soppressa e ricottina, il peperone imbottito, la barchetta di patata con purea di friarielli e cavoletti, la parmigiana di melanzane, la verza farcita, il superbo tortino di zucca, l'involtino di zucchine con dentro Seirass e formaggio sotto cenere, una strepitosa colata di ricotta tartufata, mentre al centro campeggia un formaggio della piana di Avellino, una specie di frico ricoperto da sicule mandorle amare. La prima impressione è di stupore, condiviso dallo stesso Ferrara: «Il menu non c'è perché non riusciamo a star dietro alla creatività di Luisa». Luisa è Luisa Evangelista, la sua compagna un tempo titolare del «Patriarca» dove ha preso confidenza con i grandi numeri, ma che ora può sbizzarrire il suo talento per 26 coperti (inutile tentare la sorte senza prenotazione), un pugno di tavoli occupati da clienti folgorati sulla via di Mugnano che tornano per condividere con parenti e amici la scoperta.
Luisa, sorridente macchina da guerra dei fornelli che non si toglie gli orecchini a pendaglio neppure per cucinare, qui fa tutto, anche il pane: oggi tartufo, spinaci, noci (quello cafone lo compra. Per ora). E per ora, malgrado una folta e ben scritta lista dei vini e le decine di bottiglie che affollano gli scaffali, noi ci accontentiamo del Fiano locale (etichettato, non commercializzato) prodotto dallo zio di Ferrara. Un bell'accontentarsi, è il Fiano senza trucchi e senza inganni d'una volta che ci accompagna anche nel tour delle zuppe: tre, e te le portano tutte assieme in bianche cocottine. 1)ceci neri (emigrati dalle Murge in Irpinia) e mugliatiello di capretto che qui chiamasi puveriello 2) minestra maritata 3) cremosa polenta di fonduta di formaggi, e scagliuozzo da azzuppare. Tris da bis, ora si ordini e si scaraffi il rosso previsto sui secondi: Lo Scudiero 2001 di Terre Sannite, non affannatevi a ordinarlo perché l'azienda non esiste più e questa sul nostro tavolo era l'ultima bottiglia vivente, però potrete rifarvi con tanti altri campani (e non) scelti con cura. Intanto, però, c'è da tenere a mente i primi che Ferrara elenca a voce, tornando ogni tanto al tavolo per aggiungere l'ultimo piatto che nel frattempo Luisa ha messo in cantiere. Le proposte di tradizione sono tante che le ho scordate tutte, ma l'attenzione si ferma sue due descrizioni che accendono l'immaginazione: gli ziti sono «accannati», cioè accatastati come legna, ma non basta; sono pure impanati e riempiti di verdure e formaggi, e dall'ottima salsa al pomodoro emerge come un faraglione una polpetta degna delle meatballs & noodles dei nostri antenati emigranti. E il baccalà pilo pilo non tragga in inganno per l'assonanza con l'iberico pil-pil: questo qui, fritto con capperi, aglio e bottarga di muggine, si alterna a sottilissime sfoglie di patata. Malgrado la chef, impietosita, ci abbia mandato due soli ziti «accannati» (ma in perfetto equilibrio mediante un supporto di spaghetti fritti) ci limitiamo ad un unico secondo: anche qui gioco architettonico di contrappesi con le tre costolette d'agnello unite a guglia da un filo vegetale, con una mirabile crosta (dico mirabile perché di norma tali croste al taglio si staccano tristemente, e qui no) a cura dell'indigena e squisita nocciola Mortarella.
Irpino anche l'agnello? Certo che no, forse perché solo le costolette irlandesi sono così piccole e maneggevoli. Ma è il dolce che mi seduce definitivamente: fiore di zucchina crudo, ripieno di orzo perlato, castagne, scorzone, il tutto ricoperto di cioccolato. Ortaggi, cereali, tartufi: ma che razza di dolce è? Viene da pensare alle melanzane al cioccolato di Tramonti, ma lì c'è il fritto, qui il crudo... E allora, con l'aiuto del cognac (Château de Beaulon, 12 anni, fornello per riscaldare il ballon), smetto di pensare. E mi abbandono al piacere.
LA SCHEDA DI GROUCHOFIORE
CHI «La Lanterna»
DOVE A Mugnano del Cardinale in provincia di Avellino
COME RAGGIUNGERE Percorrere l'autostrada A16 Napoli-Bari e uscite a Baiano, seguendo le indicazioni per Mugnano del Cardinale. Il ristorante è sito in via Garibaldi 127
Antonio Fiore
21 gennaio 2008

Osteria La Lanterna

Mugnano del Cardinale, Irpinia. Osteria La Lanterna

16/10/2007

Via Garibaldi, 127
Tel. 081 5111134 – cell. 3892715968
Aperto sempre
Chiuso domenica sera e lunedì

Potrebbe sembrare il solito cliché: lui, Marco Ferrara, in sala a declamare a voce il menu del giorno e a consigliare il vino; lei, Luisa Evangelista, confinata in cucina a fare la cuoca. Sarebbe veramente così se Luisa non avesse un talento e un’ energia vitale tanto grandi, da trasformare piatti semplici in miscele esplosive nel palato. E’ lei la “domina” di questa piccola, graziosa osteria, che si trova nel pieno centro della città non appena giri l’angolo in una traversa del corso principale. E’ una donna vulcano, non si ferma mai. Trova ogni giorno ispirazione dai prodotti, che segreti fornitori del territorio le offrono, come, ad esempio, i ceci neri, trapiantati dalle Puglie a Mugnano. Li trovi, e ti lasciano stupito, questi strani legumi dal sapore intenso e selvaggio, in una squisita zuppetta, che si accompagna al pane farcito di carote e menta, quella odorosa e piccante raccolta negli orti di Serino. Questi ceci danno l’avvio al susseguirsi di infiniti antipasti, diversi ogni giorno, a pranzo come a cena: tanti che devi dire basta, altrimenti non riesci a gustare qualcuno dei primi, anche essi tanti, che possono irrompere sul tavolo. Come una lasagnetta di baccalà, tanto buona perché non mortifica affatto il “mussillo” e non lo considera un semplice banale ingrediente. In questa osteria puoi finanche apprezzare le sconosciute virtù della nocciola Mortarella, una qualità delle avellane coltivata in grande quantità nel parco del Partenio. Questo semplice frutto secco si amalgama o contrasta con tutto quanto possa giungere sui fornelli. E’ tempura croccante intorno alle mozzarelline di bufala con crema di ricotta e tartufo; è dispersa negli straccetti di pasta fresca conditi con baccalà e aglio tostato; rompe la morbidezza vellutata all’interno di un soffice panzarotto di patate; è la crosta delle tenerissime, aromatiche costolette di agnello irpino; farcisce un salame di carne di maiale cotto al vapore; accarezza, infine, il trancio della dolce torta mugnanese. Si lasci tutto e si corra in questa Osteria, non dimenticando di prenotare giacché i posti disponibili sono sempre pochi, per scoprire una cucina travolgente come la cuoca. Bastano 25 euro per una esperienza gourmet e 35 per un’avventura gourmand, mentre i vini (ancora pochi e da mettere bene in carta) hanno un costo molto più che onesto.

Tommaso Esposito